Recensioni

[…] L‘incontro con la bacchetta di Alessandro Bonato, al suo debutto con la ICO del Trentino-Alto Adige, pare dei più felici per unità d’intenti nel dar concreta forma sonora allo spirito viennese, all’ossimoro apparente di una musica tanto fisica quanto inafferrabile.
Bonato, che pure l’opera italiana la concerta benissimo, qui dimostra di meritare il soprannome di “Boskowsky del Lombardo-Veneto” […]
 
 Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 07 gennaio 2024
[…] Bonato impressiona per la sicurezza, la chiarezza del gesto, la consapevolezza di uno stile finto-facile che richiede compresenza di rigore e libertà in percentuali costantemente mutevoli, che solo una autentica musicalità può suggerire. […]
 
Enrico Girardi, Corriere della Sera, 04 gennaio 2024
[…] Le Variazioni su un tema di Haydn e la Quarta sinfonia di Brahms costituiscono un abbinamento pressoché ideale per l’arco di quasi naturale consequenzialità che unisce due opere nate a dodici anni di distanza, summa dell’elaborazione del modello classico e dell’espressione sinfonica che a quel modello e a quell’elaborazione indissolubilmente si lega.
Un impaginato prezioso, naturale ma non troppo frequente nella programmazione che oggi con la Toscanini di Parma trova il suo cardine nella proposta centrale del Concerto per tromba in mi bemolle maggiore Hob. VIIe/1 di Haydn…
Sul palco, nella musica, il posto d’onore fra i due Brahms lo occupa invece la tromba di Haydn, con solista Andrea Lucchi, prima parte di Santa Cecilia e già nello stesso ruolo alla Toscanini.
La Toscanini si mostra assai duttile nell’aderire a stili diversissimi e nel relazionarsi con il solista sotto la guida di Alessandro Bonato. Il nobile suono neoclassico si colloca come una sorta di pietra del paragone rispetto alle due partiture brahmsiane, per le quali è punto di riferimento e con le quali condivide il senso della sprezzatura – la disinvolta eleganza nel far apparire l’arte più ricercata come semplice natura. […]
 
Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 02 Dicembre 2023
[…] Alessandro Bonato che l’altra sera ha imboccato la difficile strada dell’amburghese non ha ancora trent’anni ma è parso possedere i requisiti per procedere con determinazione verso una meta piena di rischi, grazie a una freschezza di gesto e di intenzioni che ha trovato riscontro nella risposta dei nostri esecutori.
Bellissimo quell’attacco volante della Quarta Sinfonia il cui incedere lasciava poi affiorare i tanti interrogativi posti dalla visione brahmsiana, così serrata nella sua struttura interna e tuttavia così avvolgente nella sottigliezza dell’abbraccio emozionale, due situazioni apparentemente contrastanti che Bonato ha cercato di far convivere. […] 
 
Gian Paolo Minardi, Gazzetta di Parma, 04 Dicembre 2023

[…] Così come avrebbe apprezzato la giovinezza già temperata, saggia, luminosa, di Alessandro Bonato, direttore di gesto e di sostanza, esaltante ma mai esaltato, artigiano di un fare musica che costruisce ogni scelta sul corpo della compagine a disposizione. La serata, un dialogo tra Haydn e Brahms, tra un nord gotico e luterano e un sud cattolico e arioso, girava attorno al concetto di variazione. Con le Variazioni di Brahms su tema di Haydn op. 56a infatti prendeva il largo e sulle note della grandiosa Passacaglia, ultimo movimento della Quarta Sinfonia op.98, il giovane direttore veronese chiudeva il periplo di quello che andava a rivelarsi come un cerchio magico. E se nella lussureggiante biodiversità delle Variazioni l’approccio sobrio di Bonato, ancora prudentemente sulla soglia del visionario così come del tempestoso, da un lato definiva con pregevole nitore le linee di ogni singolo ritratto ma, dall’altro, ne ovattava l’affondo nelle peculiarità identitarie, di fronte al vertiginoso monumento della Quarta, la stessa rigorosa onestà di lettura, partecipata e mai sovreccitata, consentiva di addentrarsi, pagina dopo pagina, nella filigrana polifonica, nei contrappunti che, da sommersi, si facevano sempre più affioranti, nella logica ferrea di un’opera che non smettere di stupirci ma, soprattutto, di interrogarci. […]

Elide Bergamaschi, La Voce di Mantova, 04 Dicembre 2023

[…] Alessandro Bonato, alla guida dell’ottima Orchestra I Pomeriggi Musicali, è ancor più giovane di Federico Colli, ma è già considerato un direttore più che promettente. Si tratta di una fama, diciamolo subito, non usurpata, dato che è francamente inusuale apprezzare in un giovanissimo artista questa fermezza e maturità, tanto nel polso quanto nelle intenzioni. […]

Lorenzo Cannistrà, L’ape musicale, 25 Novembre 2023

[…] Determinante la presenza di Alessandro Bonato sul podio per imprimere la giusta direzione al concerto. È raro sentire, anche da professionisti più esperti, un Verdi così nobile e vivo, non solo per slancio giovanile, ma per attento scavo in quelle note che «o belle o brutte che siano non le scrivo mai a caso e che procuro sempre di darvi carattere», come ebbe a precisare a proposito di Rigoletto. Ecco, allora che i temi di Les vêpres siciliennes si scontornano e si evolvono con affetto consapevole della loro collocazione nell’opera. Ecco che nella Traviata sentiamo – con colori diafani, accortissimi rubati e ritenuti – un alito di malattia e di morte che incombe inesorabile, sottile e inafferrabile ma pure concreto. Ecco nei brani dal Macbeth esternarsi quella capacità di plasmare il suono come vera materia teatrale e, in quanto tale, ora ruvido ora levigato, ora fiammeggiante ora terreo, liquido o volatile, serpentino o imperioso, opaco o traslucido, vigoroso o evanescente. Mai con vano esibizionismo, mai con gesto esteriore che vada a incrinare quella che invece è la caratteristica intrinseca del teatro verdiano: la nobiltà, quella vera, non di finti blasoni ma del pensiero alto, profondo e onesto. Allora non c’è bisogno di frenesie ed eccessi, ma ci si può anche sporcare le mani nel dar corpo al demoniaco, così come si può sentire la forza della carne e del sangue nel fraseggio più meditato e tornito. Basti pensare alla Forza del destino, a quell’attacco corrusco e impetuoso che trapassa nella dolcezza e nell’ispirazione dei temi di pentimento e redenzione, pur percorsi dall’inesorabile tensione fatale. Basti pensare a ogni crescendo, ma soprattutto a quello delle sezioni tempestose di Giovanna D’Arco, che nascono da un soffio quasi impercettibili per infuriare in un crescendo perfetto e accostato ad arte con le sonorità pastorali della sezione centrale. Ogni elemento, lo enuncia già bene in apertura Nabucco, è valorizzato e il contrasto si fa parte logica e inevitabile del discorso. La stessa dura prova virtuosistica delle Quattro stagioni da Les vêpres siciliennes non perde mai la visione d’insieme, il carattere descrittivo che fa quasi percepire il crepitìo del ghiaccio prossimo al disgelo […]

Roberta PedrottiL’ape musicale, 06 Ottobre 2023

[…] Causa l’irrequietezza del pubblico è stato arduo riuscire a concentrarsi e gustarsi appieno le raffinatezze e le preziosità profuse a piene mani dal direttore Alessandro Bonato, al suo sfolgorante esordio alla guida dell’Orchestra areniana (in una delle sue prestazioni migliori).
Il direttore ventisettenne, astro in vertiginosa ascesa e già collocabile ai vertici del panorama operistico, ha innanzitutto sfatato l’errata convinzione che la vastità dell’anfiteatro non consenta di percepire i dettagli.
Al contrario: l’acustica ha permesso appieno di deliziarsi della lettura improntata a leggerezza e freschezza, delle dinamiche bilanciate con gusto, di quella briosità che è nata dalla comunione d’intenti con lo spirito rossiniano e, da lì, si è estesa ai tempi, trovando mille sfumature e una vivace gamma di colori.
Bonato ha avuto anche il merito di aver reso giustizia a un approccio rossiniano filologico ma non pedante: oltre ad aver ripulito l’esecuzione da quelle che in gergo si chiamano “caccole”, ossia sporcature buffe sedimentate da certa tradizione passata (operazione divenuta fortunatamente frequente in anni recenti), ha riportato le vocalità a quelle primigenie (Rosina e Berta), ha aperto i tagli, ha mantenuto ed esaltato le infiorettature, ha ricondotto i recitativi alle originarie sonorità […]

Maria Luisa AbateDeArtes, Agosto 2023

[…] Alessandro Bonato ripete a Verona la performance eccellente della scorsa estate a Macerata: un Rossini che non si crogiola nell’abitudine e nell’effetto, che non bada a far ridere perché “si deve far ridere”, ma diverte perché si mette al servizio della commedia e dell’autore (e di Rossini ci si può fidare, la sapeva lunga), che non si precipita a battere i record di velocità, ma sceglie il tempo che meglio permette di articolare le note scritte, i segni dinamici, la parola.
Morale: non capita spesso di sentire un Barbiere così nemmeno nei più importanti teatri e festival al chiuso, il lavoro minuzioso con l’orchestra ha nel Temporale un capolavoro di natura ritratta in musica, il rapporto con il palcoscenico è impeccabile per precisione quanto sensibile al respiro del canto (ascoltando tutte le recite e i cambi di cast ci si rende ben conto di quanta attenzione si ponga a questo aspetto senza perdere la coerenza dell’insieme) […]

Roberta PedrottiL’ape musicale, 08 Agosto 2023

[…] Alessandro Bonato alla guida dell’orchestra della Fondazione Arena imponeva il suo stile raffinato e limpido, fondato su di una conoscenza approfondita della partitura, per mezzo del quale anche i pregi vocali della compagnia di canto, si esplicitavano in scioltezza, non lesinando pezzi di bravura e trovate nel migliore spirito belcantistico.
Nonostante i suoi pochi anni di età, Bonato si è ormai affermato quale bacchetta autorevole e ben meritava sia l’ovazione che lo ha accolto all’inizio del secondo atto sia le acclamazioni finali. […]

Daniele ValersiL’Adige, Luglio 2023

[…] Affidata al giovane Alessandro Bonato la direzione è parsa attenta e geometrica nel ritmare gli eventi. Ogni nota appare profondamente meditata e, una volta soppesata, viene abilmente ricollocata in un ideale puzzle ricostituendo una narrazione asciutta ma al contempo ricca d’animo. […]

Matteo PozzatoLe Salon Musical, 22 Luglio 2023

[…] A dirigere la partitura è un giovanissimo e talentuoso direttore, Alessandro Bonato, al suo debutto nei concerti dell’Accademia. Il lavoro fatto da Bonato con l’orchestra è ottimo ed in generale si nota la cura spasmodica profusa dal direttore nelle varie sezioni dell’opera. Bonato opera una ricerca notevole nelle tempistiche e nell’agogica generale del Requiem, acuendo – se possibile – i suoi aspetti sacri, meditativi, a discapito di una lettura puramente slanciata, eroica, indubbiamente accattivante, ma troppo melodrammatica. Ciò è provato, su tutti, dalla sezione del Dies irae, che Bonato scandisce con ieratica precisione (rigoroso il gesto della bacchetta) permettendo al coro di accumulare tensione nell’emissione poderosa del suono – del resto, il Dies irae rappresenta il giorno del Giudizio. Nelle sezioni dei solisti, invece, Bonato è più spedito, talvolta abbracciando una visione più operistica, senza mai tradire, comunque, la natura del Requiem […]

Stefano Ceccarelli, L’ape musicale, 19 Luglio 2023

[…] Fin da subito, Alessandro Bonato, dimostra una competenza e una passione straordinarie nel suo ruolo di direttore d’orchestra. La sua maestria nella conduzione e la sua profonda conoscenza musicale emergono chiaramente sin dalle prime battute. L’intera compagine orchestrale, sotto la sua guida ispirata, risponde con un livello di preparazione eccezionale.
La straordinaria performance dell’orchestra, direzione di Bonato inclusa, è così sorprendente da rendere quasi impercettibili le differenze rispetto alle esecuzioni offerte da affermate orchestre di professionisti. Il rigore esecutivo, la precisione delle dinamiche e l’interpretazione intensa raggiungono uno standard che si avvicina alle migliori orchestre sinfoniche internazionali.
Il livello di preparazione raggiunto dall’ensemble, grazie alla dedizione e all’impegno collettivo, è veramente encomiabile. L’attenzione ai dettagli, la coesione timbrica e la comunicazione artistica tra i musicisti testimoniano un’elevata professionalità e una profonda comprensione del repertorio eseguito.
L’abilità di Bonato nel modulare le sonorità dell’orchestra e nel trasmettere le intenzioni musicali è degna di nota. Il suo approccio interpretativo, caratterizzato da una sensibilità emotiva e una profonda comprensione del linguaggio musicale, contribuisce a creare un’esperienza di ascolto coinvolgente e appassionante. È notevole come l’ensemble, guidato da Bonato, riesca a trasmettere con tale maestria l’essenza e l’intensità musicale, rendendo l’esperienza dell’ascolto estremamente gratificante. L’abilità tecnica dei musicisti e la loro profonda connessione con la musica si fondono in una performance di alto livello […]

Eleonora CipollaOperaLibera, 12 Luglio 2023

[…] Alessandro Bonato lo avevamo già sentito al Filarmonico nel 2019 in un’ottima concertazione del Matrimonio segreto e nel dittico Il maestro di cappella/Gianni Schicchi; lo abbiamo felicemente ritrovato in questa recita ancora più sicuro, il gesto netto e di chiarezza cristallina, i tempi modellati sulla drammaturgia d’impianto con proprietà di dettaglio, perfetta coesione ottenuta tra buca e palco, vigore nei “crescendo”. Su tutto, una qualità essenziale nel teatro musicale, quella cioè di dare impulso ai cantanti, trascinandone l’afflato lirico o virtuosistico, con anticipo costante che ne plasma senso ed emozione…

…Nel complesso una direzione che ha reso giustizia, pur nei limiti del suono all’aperto, delle mille invenzioni della frenesia rossiniana, dagli ostinati alle iterazioni, dai martellati ai vortici dinamici sino al parossismo pur sorvegliato della scrittura…

…I sublimi concertati inventati da Rossini, specie l’inarrivabile delirio cinetico del finale I, nel quale ti pare di ascoltare l’ipostasi stessa della vitalità come movimento sonoro assoluto, con questi cantanti e con questa direzione hanno celebrato la gloria della musica drammatica a un livello davvero entusiasmante. […]

Mario Tedeschi Turco, Giugno 2023

[…] C’era molta attesa per il debutto in anfiteatro del giovane direttore veronese Alessandro Bonato che ha dato una lettura della partitura estremamente filologica e rigorosa. Sofisticata ma priva di freddezza questa sembrava vivere della parola e della minuziosa strumentazione rossiniana raramente così ascoltata (in Arena poi) in ogni sua più intima sfumatura.
L’Orchestra della Fondazione si è mossa di conseguenza lieve e disinvolta guidata dalla ricca ed integrale visione del Direttore (ricordiamo Richard Barker quale maestro al cembalo, Sara Airoldi e Riccardo Mazzini al continuo violoncello e contrabbasso) che, attraverso un raffinato lavoro sull’edizione critica scelta (in questo caso quella di Alberto Zedda) , era concentrata più su studio e limatura che sulla ricerca del facile effetto. Il risultato giungeva dunque a riportare le sfumature della partitura intatte e sonore nell’immenso spazio dell’anfiteatro ed il contrasto risultava davvero eccellente quanto straniante. […]

Silvia Campana, I Teatri dell’Est – Opera senza confini , 26 Giugno 2023

[…] Alessandro Bonato dirige questa simpaticissima confusione con garbo elegante, ma tiene le redini con mano sicura: ne viene fuori un Barbiere ben equilibrato, spumeggiante, senza perdere di vista l’aspetto lirico e tutte le sfumature della partitura rossiniana. Il coro areniano diretto da Roberto Gabbiani non fa altro che confermare le sue qualità impareggiabili e il contributo importante di Richard Barker al cembalo risulta pure determinante per una grande festa di musica e di teatro sotto il cielo veronese. Ci voleva. […]

Irina Sorokina, L’ape musicale, 26 Giugno 2023

[…] Alessandro Bonato che si mantiene fedele all’edizione Ricordi curata da Alberto Zedda già in uso al Rossini Opera Festival; contrariamente alle precedenti edizioni areniane sono state qui tolte le incrostazioni sedimentate nel corso degli anni, i tempi sono adeguati alla parola scenica con particolare cura al canto sillabato, al fine di rendere intelleggibile l’articolazione del testo. Il maestro, con alcune scelte coraggiose per la vastità areniana, non rinuncia agli effetti orchestrali voluti da Rossini come il battuto, i colpi d’arco e il suono sul ponticello; nei recitativi ha introdotto oltre al cembalo, anche il violoncello ed il contrabbasso. L’opera viene offerta integrale, tutte le arie, le cavatine e le cabalette sono con le variazioni sul da capo.
La direzione di Bonato si mantiene sobria, lineare e funzionale al palcoscenico. […]

Gianpaolo Dal Dosso, GBOPERA, 24 Giugno 2023

[…] Un’intera Arena assorta in ascolto, grazie alla qualità musicale del giovane direttore veronese Alessandro Bonato, dell’orchestra di solisti e alla chiarezza delle voci, ad apprezzare la divina polifonia del linguaggio rossiniano, a quante lezioni di musica per il largo pubblico corrisponde? […]

Elena Biggi Parodi, L’Arena, Giugno 2023

[…] Il fuori programma con cui anche l’orchestra chiude in gloria la seconda parte di programma, sembra un manuale di come si debba interpretare Verdi – nobile, partecipe, vivo – e di come tecnicamente si debba gestire un crescendo. Gusto, ispirazione, scienza e cuore: scatta la standing ovation.
La qualità non è freddezza, l’emozione non è approssimazione e ce ne rendiamo ben conto in serate come questa […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 18 Giugno 2023

[…] se le qualità dell’Antonacci si conoscevano, una felice scoperta è stata quella del direttore Alessandro Bonato, classe 1995 e quindi appena ventottenne, che ha accompagnato la cantante con grande duttilità e che ha reso con bravura le due suite di Bizet, in cui si sono messi in luce i solisti di una Filarmonica in ottima forma: una Carmen così ricca di colori e di ritmo sarebbe bello sentirla per intero in teatro; e anche la sinfonia dal Nabucco, con l’inizio così giustamente maestoso e il crescendo scandito e nitidissimo, è sembrata molto promettente […]

Mauro Balestrazzi, la Repubblica, 17 Giugno 2023

[…] L’ultima volta che venne eseguita la mozartiana Ouverture da La Clemenza di Tito in questa sala fu nel dicembre 1994. Alessandro Bonato, il direttore d’orchestra chiamato a sostituire un indisposto Leōnidas Kavakos, a quell’epoca non era nemmeno nato, ma la sicurezza con cui affronta il palco e gestisce la compagine Rai fanno ben presto passare in secondo piano la sua giovanissima età. Negli ultimi tempi ho avuto occasione di poter ascoltare e vedere all’opera non pochi direttori d’orchestra molto giovani, non oltre i trentacinque anni, e tra questi Bonato mi sembra tra i candidati più credibili a un avvenire non di secondo piano: il gesto è chiaro, efficace, poche cose ma fatte bene; una direzione pulita, precisa, convincente. […]

Marco Testa, Musica, 22 Maggio 2023

[…] La Sinfonia n. 1 in sol minore op. 13 Sogni d’inverno (1866-75) di Pëtr Il’ič Čajkovskij è un indubbio banco di prova per saggiare le doti del direttore veronese. Nonostante sia il primo impegnativo tentativo sinfonico del compositore russo, l’opera anticipa precocemente l’autore della Patetica e delle sinfonie della maturità, oltre a mostrare la consueta, impressionante facilità di ispirazione: rivoltate da capo a fondo tutto il catalogo di Čajkovskij e non troverete una melodia brutta o scolastica. Bonato, che si era fatto apprezzare per plasticità teatrale nella breve ouverture da La clemenza di Tito K 621 presentata come antipasto mozartiano in apertura di serata, consegue un risultato di alta aderenza al testo musicale. Non tragga in inganno il titolo, da intendersi come specchio di suggestioni personali e non tentativo programmatico, tanto che i soli primi due movimenti riportano altre indicazioni in apparenza letterarie: Visioni di un viaggio d’inverno e Terra nebbiosa. Il giovane maestro dirige senza bacchetta, con gesto ordinato e attento, dipingendo con tratto sicuro non solo le arcate dei temi principali, espansi con largo respiro e magistrale fraseggio, ma anche i piccoli dettagli disseminati nella doviziosa partitura: ecco che per un istante, a metà del primo Allegro pare di udire con meraviglia tra i corni un accenno al Valzer dei fiori, mentre, nell’Adagio cantabile, lo sfumare dell’indimenticabile melodia principale nella ripresa del corale introduttivo ha qualcosa della misteriosa magia dei momenti in punta di piedi dei grandi balletti. Alessandro Bonato conduce in porto l’Orchestra Sinfonica Nazionale premendo sul pedale dell’acceleratore nei due tempi successivi, dalla scrittura più brillante e non priva di qualche facile effetto, soprattutto nel roboante finale, staccato con preciso senso di equilibrio tra le parti e con gli ottoni nel giusto rilievo. Il breve Scherzo è però il luogo dove il podio coniuga finezza di stile e straripante necessità espressiva con convincente e matura autorità. […]

Alberto Ponti, L’ape musicale, 22 Maggio 2023

[…] le mani del direttore seguono altri percorsi; se in Mozart le braccia molto alzate e parallele dettavano il tempo, qui, raggiunta una totale indipendenza, la destra continua il governo del tempo, la sinistra è però libera di modellare incessantemente intensità e qualità del suono. Già dalle prime battute ci si immerge in un universo che si intuisce intimamente congeniale agli esecutori. Bonato e l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, con una strepitosa esecuzione, avvincente ed esemplare, si fanno meritatamente a lungo applaudire da un pubblico rinforzato con una nutrita schiera di giovani e giovanissimi entusiasti. […]

Giorgio Audisio, GBOpera, 21 Maggio 2023

[…] Intorno, si è detto, Mozart e Beethoven, tutto nelle mani – è il caso di dirlo, dato che non impugna la bacchetta – di Alessandro Bonato, guida sicura che dipana tutte le voci rendendo ben intelligibili canti e controcanti, linee principali e secondarie, intrecci e dettagli solistici, con bell’amalgama e dettagli inaspettati – quando ci si incanta notando l’importanza perfino melodica dei timpani, si ha la misura della qualità dell’orchestra e della concertazione, oltre che del singolo strumentista. In più, però, c’è il vero lavoro del direttore che delinea non solo agogica e dinamica, ma lavora nel fraseggio e fa emergere le continuità ma anche le specifiche individualità dei due autori. Il modo di portare la frase, di legare e articolare in Mozart non è lo stesso di Beethoven, sebbene li unisca una nobiltà di eloquio e un senso del tempo che non si misura in velocità o lentezza, ma in respiro e spazio necessario alla musica. […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 16 Maggio 2023

[…] La solista Leonora Armellini dimostra subito bella complicità e sintonia con la concertazione di Bonato, soprattutto per il gusto e la sensibilità allo stile. L’eco galante non è lo svolazzare di un merletto rococò ricollocato a ornamento di un salotto borghese Biedemeier, ma un senso ben più profondo di aristocratico fraseggio, di grazia nel porgere e condurre il discorso e i dialoghi, la frase e i colori. Si intende bene questo comune sentire già quando la prima esposizione dell’orchestra respira con chiara sprezzatura, una nobiltà non sussiegosa che lo scintillìo del pianoforte provvede a ravvivare con abile contrasto di articolazioni in uno stesso mondo poetico, in uno stesso linguaggio. È Beethoven, lo si sente negli accenti che delineano cellule ricorrenti come codice genetico dell’intera scrittura. È Beethoven perché il retaggio settecentesco non sa di maniera, ma si vivifica pronto a trasformarsi in altro. Il merletto non è inamidato né liso, non s’impolvera, l’abile sarto è capace di dargli nuova vita in fogge diverse, e se anche lo metterà da parte non ne scorderà l’arte. Così, il gioco di Bonato e Armellini dà nerbo a tinte affettuose e dolcezza ad accenti vivaci senza che si perdano mai il giusto respiro e il rapporto di tempi e dinamiche, con un’orchestra complice e sempre stimolata a dare il meglio di sé. […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 16 Maggio 2023

[…]  Bonato ha le idee chiare e ha la tecnica per realizzarle, ma soprattutto ha il carisma nello sguardo, una capacità di comunicazione e di condivisione che sono come il coraggio per Don Abbondio: se uno non lo ha “non se lo può dare”. Bonato ce l’ha eccome, ma questo talento non servirebbe a nulla se non ci fosse la sostanza dell’interprete e del musicista: per questo porta con sé l’orchestra, leader naturale e non tiranno, in un respiro comune. […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 01 Maggio 2023

[…] Da assiduo e appassionato frequentatore delle danze viennesi e del repertorio russo, Alessandro Bonato ha assimilato una sensibilità coreografica che gli permette di trovare un felice equilibrio fra la libertà musicale e le esigenze del palcoscenico. Questo Čajkovskij è pieno di finezze, di gusto e nobile, naturale sprezzatura: la melodia non si compiace di sé, ma si plasma in rapporto a controcanti nitidissimi fra sapienti rubati. Soprattutto, la trina sa rimanere sottile e trasparente senza sacrificare una sostanza sonora particolarmente pregevole, che valorizza la qualità di ogni singola sezione o prima parte nel segno dell’unitarietà matura di un organismo-orchestra e non di mostra campionaria di qualità tecniche individuali. Sentiamo come scintilla esattissimo, argentino il ritmo dell’Ouverture dello Schiaccianoci, sentiamo la ricchezza serica degli armonici degli archi, che rende ancor più suadente la gamma dinamica se il piano non si sfibra ma mantiene una tale precisa definizione, sentiamo un’eccellente cadenza dell’arpa, incisi ammalianti dei fiati, caldi e vellutati o squillanti e luminosi alla bisogna. E tutti questi dettagli, se ci fanno ammirare ancora una volta l’abilità di Bonato nel concertare e lavorare su suono, respiro e fraseggio condivisi, ci mostrano anche la qualità e la prontezza dei ragazzi in buca, che alla preparazione tecnica sanno unire una disponibilità entusiasta al lavoro di squadra e alle sollecitazioni del podio. […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 05 Marzo 2023

[…] Al suo quarto concerto dedicato alla famiglia Strauss con I pomeriggi musicali, Alessando Bonato si può ben guadagnare il soprannome di Boskovski del Lombardo Veneto, per l’assiduità, la passione e l’idiomaticità del suo approccio alle danze viennesi. Un repertorio troppo spesso sottovalutato, trattato con superficialità o appesantito inutilmente, ché, se non è sempre facile comprendere il legame di questa musica con il mondo in cui è nata, ancor più è difficile renderne la peculiarità con la giusta naturalezza, con quella nobile e disinvolta “sprezzatura” non a torto esaltata dai nostri avi dal Rinascimento […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 26 Dicembre 2022

[…] C’è innanzitutto un Direttore – si, con la maiuscola –, il giovanissimo Alessandro Bonato, che alla guida dell’orchestra I Pomeriggi Musicali lavora di cesello sulla partitura e di pennello sul dramma. Sempre percorsa da un brivido di tensione che scalpita lungo la schiena anche laddove la musica si apre negli involi melodici belliniani, la lettura di Bonato più che concertazione è autentica narrazione musicale: lo si percepisce dagli svariati preziosismi strumentali che dalla buca emergono per far da cassa di risonanza emotiva alle scene e raddoppiare il testo, lo si avverte sulla pelle dal succulento susseguirsi di agogiche e accenti – ora agili e taglienti, ora larghe e tese come corde di violino – atto a puntellare e vivificare il repentino svolgersi dell’azione, lo si vede nella molteplicità di colori e sfumature generosamente disseminata su di un manto orchestrale ovunque contraddistinto da una lunare trasparenza, lo si sente nel fraseggio orchestrale raffinatissimo, epurato com’è da quegli eccessi che trasformano il sublime melodiare in lezioso sbrodolare. Bonato, infine, ha pure il grosso merito di far quadrare sempre i conti tra buca e palcoscenico, garantendo agio ai solisti e un solido punto di riferimento alle masse. […]

Antonino Trotta, L’ape musicale, 22 Ottobre 2022

[…] È molto interessante il giovin direttore, Alessandro Bonato. Non so se abbia letto il recente saggio di Fabrizio Della Seta su Bellini, tuttavia dirige Norma come se l’avesse fatto. Della Seta rivendica la grandezza di drammaturgo musicale di Vincenzillo che non era, o non era soltanto, il celestiale melodista che sappiamo ma, a suo modo, ed è un modo particolarissimo, usava la musica per fare teatro. Mi sembra che Bonato faccia lo stesso. Tempi rapidi, si è letto. È un’affermazione che significa nulla: non sono importanti i tempi staccati in sé, ma il rapporto che hanno fra di loro. Bonato è molto bravo a differenziarli, imprimendo una forte drammaticità (fatta di fraseggio incalzante, non di fracasso) a quelli mossi, vedi il coro “Guerra, guerra!” e risultando per contrasto ancora più lirico in quelli lenti, come in un “Casta diva” che sembra davvero una sospensione spaziotemporale, quel dialogo terra-luna il cui unico possibile paragone è Leopardi. Altro aspetto interessante, l’attenzione con la quale vengono differenziati, quindi caricati di significato, gli accordi che punteggiano i recitativi, di solito sbrigativamente buttati lì. Anche questo, appunto, è fare teatro musicale. […]

Alberto Mattioli, La Stampa, 21 Ottobre 2022

[…] La direzione del Mº Alessandro Bonato si dimostrava intelligente, degna di un concertatore maturo, moderno nella sensibilità del trattare il repertorio del Belcanto, ma con il giusto sguardo sia alla tradizione (l’opera deve come tutte le forme d’arte essere coinvolta nel flusso di cambiamento della storia) che al senso teatrale del dramma, accompagnando con trasparenza strumentale i passaggi più intimi e giustamente accendendosi quando lo spirito bellico della partitura lo richiede. […]

Lorenzo Quaglia, Ieri, Oggi, Domani, Opera!, 19 Ottobre 2022

[…] Un kolossal arduo e mai sufficientemente esplorato che – grazie al felice binomio di Elena Barbalich e del giovane Alessandro Bonato, rispettivamente a firma di regia e di conduzione – diventa, in questa formula targata OperaLombardia, spettacolo al quadrato: teso, trepidante, magnifico. Merito di una buca felicissima animata dal giovane direttore veronese, sciamanico nel muovere con intelligenza, ispirazione, temperamento, i fili del racconto tenendo insieme, con straordinaria sicurezza per i suoi 27 anni, rigore e morbidezza, profondità ed incalzare narrativo. Una lezione di teatro, di scavo introspettivo nelle ragioni della parola fatta canto, è il dialogo tra le due donne, nel secondo atto, con l’orchestra sferzata da Bonato mentre la confessione dell’amore tra la giovane ed il soldato romano fa precipitare il cielo nel cuore di Norma. […]

Elide Bergamaschi, La Voce di Mantova, 18 Ottobre 2022

[…] Il ventisettenne Alessandro Bonato, alla guida dell’Orchestra I Pomeriggi Musicali, dà dell’elaborata partitura belliniana una lettura scattante e vibrante, senza un minimo calo di tensione, improntata a sonorità dense e corpose, soverchianti nelle percussioni, e dall’agogica perlopiù vorticosa. Si apprezza, altresì, il raffinato lavoro di cesello riscontrabile, per esempio, nell’attesa cavatina “Casta diva”, dove il giovane maestro propende per tempi maggiormente dilatati e per un suono lunare di argentea bellezza, o nel duetto “Deh! con te, con te li prendi”, di serica tenerezza. Una direzione, quella di Bonato, pregnante e giocata su forti contrasti, nella quale si giustappongono atmosfere barbariche e corrusche e altre pure e tonali. […]

Stefano Balbiani, Connessi all’Opera, 17 Ottobre 2022

[…] Ma il vero artefice del successo di questo ciclo di rappresentazioni è stato il giovane direttore Alessandro Bonato, preparato a reggere le fila di un discorso musicale assai complesso fatto di impeti musicali e passionali come di squarci di piena liricità facendo emergere anche la buona qualità dell’orchestra de I Pomeriggi Musicali. E’ stato capace di dosare i vari interventi orchestrali in relazione al palcoscenico. Se la sinfonia si presentava sostenuta ritmicamente (tra l’altro applausi alla conclusione con il direttore che si rivolge al pubblico in ringraziamento) lasciando andare fiati e percussioni ma sempre attento alla linearità di una lettura fluida, la sua attenzione era incentrata essenzialmente su quanto accadeva in scena, nel non coprire mai le voci anche con la musica più dirompente, attenuare o rallentare dove necessario, esaltare i momenti che esaltavano la scrittura belcantista belliniana, specie nei duetti e momenti d’assieme, a sfumare i finali. Di questa attenzione ne ha giovato anche il Coro di Operlalombardia diretto da Massimo Fiocchi Malaspina che ha raccolto appalusi alla conclusione di “Guerra! Guerra!”… Al termine, il pubblico con il suo entusiasmo, ha contributo al successo di questa rappresentazione, un’esecuzione magistrale. Si è assistito ad una Norma che ha fatto registrare un trionfo, replicando quanto era avvenuto a Brescia. […]

Federica Fanizza, Sipario, 12 Ottobre 2022

[…] Forse anche ventisette anni possono sembrare pochi per dirigere Norma, tanto più che anche fra bacchette più esperte non è facile trovare la maturità e la profondità che ha dimostrato, ancora una volta, Bonato. Non c’è, nella sua lettura un manifesto programmatico, un voler essere classico, belcantista o romantico: c’è, semplicemente, il lavoro sul testo, senza routine, senza retorica, scorciatoie o gratuiti intellettualismi. L’attenzione prestata ai recitativi si estende alla cura dell’articolazione del testo in ogni numero, sicché emerge naturale il legame di Bellini con il dramma gluckiano e la tragédie lyrique…La forma è diretta emanazione del dramma e l’esecuzione integrale di riprese, code, transizioni non appare mai esornativa, bensì naturale e necessaria per l’espressione del pensiero, per il dipanarsi del racconto. Lo si avverte benissimo nello sviluppo di “Meco all’altar di Venere”, tutto meno che una stentorea cantilena, o nel rapinoso “Sola, furtiva al tempio” in cui il tempo apparentemente lento sente montare in filigrana la tensione di un palpito cangiante in crescendo. Nessun compiacimento ruffiano in un “Casta diva” di purezza strumentale e delicatissima dinamica fino al pianissimo del coro (suggestiva libertà del concertatore: il rispetto del testo non deve essere una catena), nessuno stucchevole ritenuto in un “Sì, fino all’ore estreme” che tuttavia evita pure la corsa metronomica. Anzi, si nota in ogni stretta, in ogni cabaletta lo sviluppo di un affetto specifico e non si ha mai un tempo meccanicamente simile all’altro, dal sinuoso gioco di seduzione ed elusione di “Vieni in Roma” alla disperazione feroce di “Già mi pasco ne’ tuoi sguardi”, sempre nella piena intelligibilità della scrittura di Romani e Bellini, sempre in fluida continuità narrativa con quanto segue e quanto precede. […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 04 Ottobre 2022

[…] In condizioni tanto “ansiogene”, ancor maggior risalto va all’eccellente concertazione del giovane Maestro Alessandro Bonato (27 anni), già lanciato verso una brillante carriera, alla guida dell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali che, oltre a non perdere di vista nessun dettaglio del palcoscenico, dimostrando un invidiabile sangue freddo, offre di questo capolavoro assoluto del Belcanto, cerniera ideale tra una stagione classica e lo “Sturm un Drang”, venato di struggente lirismo, del Romanticismo, una lettura personalissima e trascinante, in ideale equilibrio tra passionali oasi di liquida tenerezza – non paia un ossimoro – e corrusche e fiammeggianti accensioni, innervate di una costante tensione teatrale, volta a “raccontare” in musica un dramma intriso di umana fragilità. Davvero una prova maiuscola.
Al termine, da parte di un Teatro Grande esaurito – la vera soddisfazione è poi questa – successo incontrastato per tutti, con vere punte di entusiasmo per Alessandro Bonato. […]

Nicola Salmoiraghi, I Teatri dell’Est – Opera senza confini, 03 Ottobre 2022

[…] Incisiva e di carattere la direzione di Alessandro Bonato che con il suo gesto deciso ed espressivo offre fin dalla Sinfonia, in cui i toni bellicosi si stemperano in volute melodiche più distese mai però smorte o svigorite, una lettura in cui l’afflato lirico e quello drammatico ben si sposano all’interno di un giusto clima di grandiosità guerresca, così da meritare apprezzamenti ed applausi da parte del pubblico, non solo a fine spettacolo ma anche a scena aperta. […]

Simone Manfredini, OperaClick, 30 Settembre 2022

[…] Alessandro Bonato non è più un astro nascente, ma una stella luminosa ancorché giustamente in crescita – a ventisette anni non potrebbe che essere così – ed è protagonista di una prova direttoriale di assoluto livello. La lettura della giovane bacchetta veronese – che gesto denso ed essenziale! – è improntata ad uno scavo che prescinde da ogni facile languore rifuggendo dal “commuovere” ad ogni costo. La sua narrazione si incardina su un cesello dinamico capace di porre in risalto la melodia belliniana senza mai renderla mielosa, al contrario infondendole un vigore che le si addice.
Bonato asseconda così i sentimenti ma non se ne fa travolgere, uscendo indenne dall’oceano di arpeggi dell’ “Sola furtiva al tempio”, per fare un esempio, trovando un equilibrio esemplare e meditatissimo. […]

Alessandro Cammarano, Le Salon Musical, 30 Settembre 2022

[…] Il giovane Maestro Alessandro Bonato ha diretto con brio e vigore una scrittura strumentale molto raffinata e complessa, certamente difficile da riportare all’aperto soprattutto in certi passaggi degli archi e dei fiati. Egli ha però espresso la convinzione che la musica deve arrivare a tutti e deve essere compresa dalla maggioranza senza abbassare la qualità dell’esecuzione. Bonato ha messo in scena in modo puntuale la partitura originale (anche con la lunga aria finale di Almaviva), perché ha dichiarato che bisogna “trattare la musica con buon gusto, di salvaguardarne la bellezza”, nel pieno rispetto di partitura e libretto anche quando è un difficile compito rendere l’energia del canto sillabico (si veda la cavatina di Bartolo “A un dottor della mia sorte”), preservando l’intelligibilità del testo e il collegamento con le note. La direzione musicale ha pienamente rispettato la complessità e la personalità dei vari personaggi a cominciare da Figaro che “è un fine stratega, machiavellico, subdolo”, tralasciando di accelerare troppo (come costume) la celebre cavatina del barbiere che non deve essere troppo plateale, perché si tratta di un autoelogio: “Figaro si piace e si specchia come una donna appena uscita dal parrucchiere. […]

Alberto Pellegrino, MusicaCulturaonline, 22 Agosto 2022

[…] Raffinata e mai scontata la lettura che Alessandro Bonato dà della partitura rossiniana. Il dettato è leggero, ma al contempo ricco di dinamiche (vedasi a questo proposito alcuni splendidi passaggi nella Sinfonia iniziale), il nitore di suono pregevole, i tempi piacevolmente distesi e sempre congeniali ad un buon rapporto con il palcoscenico. […]

Simone Manfredini, Teatro.it, 22 Agosto 2022

[…] Alessandro Bonato – che sfida quella di esordire in uno spazio all’aperto e con un titolo tanto “popolare” quanto impervio – si dimostra ancora una volta come uno dei più talentuosi tra i direttori under-30 rendendosi protagonista, insieme alla sua FORM-Orchestra Filarmonica Marchigiana in bello spolvero, di una prova maiuscola.
Bonato analizza la partitura fino a farla sua, rendendola poi vivida in una lettura capace di esaltare il minimo particolare, lavorando di cesello sulle agogiche, riflettendo su ogni spunto dinamico e su ciascun elemento melodico. Oltre a questo un lavoro meticoloso sui recitativi nei quali inserisce elementi “contemporanei” – il Nokia-tune è deliziosamente in tema – che risultano perfettamente in linea con l’idea dello spettacolo senza risultare “dissacranti”. […]

Alessandro Cammarano, Le Salon Musical, 21 Agosto 2022

[…] E se si dice palco, si deve però intendere anche buca e podio, ché se lo spettacolo funziona e infiamma lo Sferisterio anche in una serata dal clima decisamente freschetto è grazie al bel gioco di squadra fra tutti gli artisti e in primis fra la direzione teatrale di Menghini e quella musicale di Bonato. Questi arriva finalmente a concertare un’opera con la sua Filarmonica Marchigiana, l’orchestra di cui è direttore principale da due anni e con cui ha affrontato un vasto repertorio sinfonico. L’opera all’aperto, però, è altra cosa, altra difficoltà, specie se si tratta di un titolo ancor più delicato del solito: popolarissimo, quasi abusato, ma non certo il più adatto sulla carta alle arene estive. Non c’è cimento migliore per saggiare la predisposizione e il potenziale teatrale del maestro veronese, che offre un’altra splendida prova di sé. Non solo gestisce gli spazi con una padronanza che non sempre si riscontra in colleghi di maggior esperienza, ma sta meravigliosamente al gioco scenico sia partecipando alle gag in prima persona, sia muovendosi in perfetta complicità con l’azione teatrale. Tutto senza sconti sul piano della qualità musicale e della finezza dei dettagli. Anzi, questo è un Barbiere che si fa notare proprio per la naturalezza con cui non fa nulla per farsi notare né dà nulla per scontato: nessuna appariscente corsa a perdifiato, nessun accelerando o vezzo di tradizione, nulla che non abbia una ragione drammaturgica e musicale.
Sembra quasi che si tenda un arco in cui l’agogica più distesa del primo atto – dominato dalle arie – si serra via via nei concertati a partire dal finale centrale, con una ponderata gradualità sempre al servizio dell‘opera. La cura del suono orchestrale non fa rimpiangere l’esecuzione al chiuso se non per il desiderio di sentire ancor meglio e più da vicino come la morbidezza della Form sappia farsi anche scattante, sferzante alla bisogna, sappia asciugarsi in un “Quando mi sei vicina” a parti reali che sa davvero di musica d’altri tempi, ma soprattutto in un Temporale in cui l’articolazione dinamica e, qui sì, la mobilità dei tempi sortisce un effetto di fascinoso realismo (e si pensa alla Pastorale di Beethoven). […]

Roberta Pedrotti, L’ape musicale, 15 Agosto 2022

[…] Anche per l’udito è un grande piacere. Il maestro Alessandro Bonato dispensa un gesto di costante musicalità, distingue i dettagli per coccolarli e li riunisce ancora più compatti. Rimescola le carte nell’ accompagnamento senza limitarsi al coordinamento musicale con gli straordinari musicisti dell’Orchestra Filarmonica Marchigiana. L’ouverture disegna una tensione mobile e avvincente, che non farà più calare l’attenzione in seguito. La sua direzione è una costellazione leggera ed esplosiva, come i sogni pittorici veicolati dalla televisione. Crea un patchwork mozzafiato dei differenti aspetti che la musica di Rossini può rivestire, come la cremosa granita degli assiemi o il caustico staccato. L’esatta articolazione si integra a questo turbine sensuale da cui esce del tutto ringalluzziti! […]

Thibault Vicq, Opera-online, 14 Agosto 2022

[…] Il giovane direttore Alessandro Bonato dichiara di volersi attenere il più possibile al dettato rossiniano e adotta così tempi generalmente meno scattanti di quelli a cui ci ha abituato una certa tradizione, eliminando anche alcuni accelerando non scritti in partitura. Il suo approccio è così nel segno di una pregevole gamma dinamica ma attraverso sonorità morbide, arrotondate e nondimeno capaci di un bel gioco di colori. La scelta di tempi più distesi facilita l’articolazione del canto, soprattutto nei passaggi sillabati, ma non sacrifica la vivacità ritmica e conferisce inedito rilievo alla tenera malinconia dei momenti più lirici. L’orchestra risponde con duttilità alle sollecitazioni del maestro, circonfusa da un’aura di leggerezza e luminosità molto rossiniana […]

Fabio Larovere, Connessi all’Opera, 14 Agosto 2022

[…] Nominato direttore principale della Filarmonica Marchigiana nel gennaio 2021, Alessandro Bonato guida l’orchestra con mano sicura ottenendo un suono terso e limpido e regolando tempi e spessore alle esigenze del palcoscenico. Non per questo rinuncia però a ricercare finezze ancora più apprezzabili perché all’aperto, come dei rubati di bellissimo effetto nella sinfonia oltre che il perfetto gioco dei crescendo come marchio di fabbrica della musica del pesarese. […]

Domenico Ciccone, OperaClick, 14 Agosto 2022

[…] Del resto tale è l’affiatamento coi suoi complessi che a Bonato basta appena un cenno di dita per suggerire e ottenere dalla FORM prima una sfumatura, dopo un colore, poi un impulso motorio inaspettato: così nella Canzonetta, coi suoi modi quasi spagnoleggianti e le sue tenere effusioni tra solisti e soli, l’orchestra si trasforma in contraltare atmosferico, in fiato che sostiene e proietta il canto, in motore della drammaturgia musicale quando nel finale del secondo movimento si prepara lo sfolgorio dell’iridescente Allegro vivacissimo conclusivo…
La Settima di Beethoven, nella seconda parte del concerto, è un vero e proprio capolavoro, tanto per la qualità delle idee messe in campo che valorizzano appieno financo le pause, quanto per la qualità dell’esecuzione di un’orchestra che tra le mani di Bonato brilla per nitore di suono e varietà di tinta. Ecco, nel corso dell’intera sinfonia, nitore e varietà di tinta favoriscono allora il balzo all’orecchio di dettagli e filigrane, sottolineature e primi piani, mai squadernati con fare pedissequo e saccente, piuttosto invocati quali argomenti e argomentazioni di una lettura che ci tiene col fiato sospeso, una lettura che ancor prima del ritmo della musica celebra il ritmo drammatico della narrazione, una lettura che non si abbandona incauta all’asettica ebrezza dell’impulso danzereccio ma con l’impulso danzereccio dà sfogo all’eccitazione accumulata. Del resto Beethoven è come una molla in tensione: agli estremi immobile, razionale, quadrata, nel mezzo agitata da forze oppositive di diverse entità, fondamentali all’equilibrio e alla solidità del sistema stesso. Ed è proprio il perfetto equilibrio tra forze e dinamiche interne a governare, ad esempio, l’Allegretto in seconda posizione diretto da Bonato in maniera straordinaria – tra i più belli mai ascoltati –, quando il solenne canto di preghiera, sull’arcata di un interminabile e mozzafiato crescendo,va poi a stemperarsi negli ameni scambi tra i fiati nella parte centrale. Il Presto poi è trionfo del fraseggio in punta di fioretto, del colpo da maestro, dell’accento istrionico messo lì con somma intelligenza per rinnovare il mordente dell’ulteriore ripetizione, senza mai perdere di vista il bilanciamento dei poli oppositivi che di questa concertazione in particolare, e di Beethoven in generale, è poetica. […]

Antonino Trotta, L’Ape Musicale, 11 Aprile 2022

[…] È così, soprattutto, che si arriverà al respiro della Quarta sinfonia, che mette in luce tutta la qualità sviluppata dall’orchestra con il suo direttore principale proprio perché la indirizza in una precisa visione poetica. Ne è un esempio il peculiare colore russo del secondo movimento, con una capacità di cantare legatissimo, morbido e avvolgente, ma quasi sospeso senza tempo, senonché in questa quiete irreale – quasi il fiume Lete, o Neva, vagheggiato da chi accarezza la dolce idea della morte – scintillano nitidissimi gli interventi dei soli svelando la struttura metrica in filigrana. Ne è esempio anche il pizzicato del terzo movimento, ben lungi dal meccanicismo di un tempo scandito dalle dita sulle corde, bensì musica densa, fisica, vere e proprie gocce di suono distillato pieno di calore e colore. Come già nel Concerto, i tempi estremi sono permeati da una nobile solennità che non sa di maniera, ma di sincera e profonda riflessione sull’esistenza, il desiderio, il destino. Infatti, è sotteso un tormento che tuttavia non intralcia, semmai arricchisce, il filo del discorso. È chiaro come il lavoro complessivo sul suono del direttore con la sua orchestra (e qui, si badi bene, non si parla di infallibilità del singolo: non si tratta di esibire un campionario tecnico solistico, ma di fare musica insieme) permetta un ben calibrato gioco di rubati, ponderato equilibrio fra libertà e rigore, accenti sgranati o sfumati e soffusi, tempi suadenti o scattanti, affermazioni assertive o ripiegamenti carezzevoli. Tutto sempre soppesato e dipanato con lucido buon gusto […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 07 Aprile 2022

[…] Sembra di sentire per la prima volta l’Adagio di Barber così cesellato nei dettagli, senza che nulla sia abbandonato all’effetto, pur lasciando parlare la pasta preziosa dell’orchestra coccolata dall’acustica della Brahmssaal.
Ancor più impressionante è, però, la Sinfonia da camera op.110a, trascrizione di Rudolf Bashai del Quartetto op. 110 di Šostakóvič […] La tornitura del Largo iniziale è talmente accurata nel definire la continuità di un suono presente quanto impalpabile, che il contrasto con i colpi d’arco dell’Allegro molto sferza tagliente come non mai. Sono tagli dolori ancor più perché non banalmente violenti: netti, sì, pieni di forza, sì, ma pure ingranaggi propulsivi di un moto perpetuo fatto di repentini, ma sempre ben calibrati, scarti dinamici, di afflati melodici cesellati sul crinale fra abbandono e sarcasmo, fra passi di danza e fendenti di lama. Qui si insinua il ritorno al Largo, ma non è, per tornare a Nitzsche, solo eterno ripresentarsi dell’eguale, bensì ciclo dialettico in cui tutto torna e tutto scorre arricchito e gravato da ciò che è stato.
Il timbro non teme di farsi diafano, spettrale, sinistro (onore alla spalla e al primo violoncello per il coraggio di un suono così ferito), si assottiglia fino alla dissoluzione estrema; il piano, tuttavia, mantiene un suo peso, porta in sé anche svaporando la forza degli accenti dell’Allegro molto e dell’Allegretto.
Così, anche in una chiusura tanto raccolta, il contenuto introiettato è tale da scatenare caldi, prolungati, applausi liberatori […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 11 Marzo 2022

[…] Dopo un approccio così sicuro e consapevole a Šostakovič, colpisce da parte di Bonato la capacità di passare con pari proprietà al linguaggio di Ravel. Costretto da una gamba ingessata a raggiungere il podio con le stampelle e dirigere seduto, non perde energia e slancio assertivo, nemmeno nel dipanare le differenze fra il lirismo tragico del sovietico e quello aristocratico del francese. L’equilibrio fra impressionismo e neoclassicismo della Pavane sta tutto nel lavoro sul colore e sul porgere naturalmente elegante. Sarà, poi, nel Concerto per pianoforte che l’esuberante virtuosismo orchestrale non cederà alla parcellizzazione in un divertissement di frammenti solistici, ma ribadirà un’altra faccia della medaglia di questo programma: la sferzata d’energia è vitalità anche gioiosa, sebbene nemmeno la gioia possa mai fare a meno del suo opposto […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 25 Febbraio 2022

[…] Un manifestarsi di immagini che Bonato plasma senza bacchetta, quasi a dar forma e colore al suono con gesto sempre d’ispirata eleganza, ma soprattutto funzionale all’idea, alla concezione poetica di un Rimskij-Korsakov sottratto a tutta la retorica del virtuosismo orchestrale fine a se stesso…
Coerentissimo è il racconto dipanato da Bonato, capace di suggerire la suggestione senza puntare tutto sugli effetti speciali: il colore, l’impasto strumentale ricerca un corpo, una morbidezza, un calore che sembra fatto per affabulare e lasciar emergere il violino di Mihaela Costea, senza trascurare tutti i gli interventi solistici ben delineati nella coesione dell’insieme – e sia concessa una lode alle percussioni. Come il sultano non può interrompere il ciclo dei mille e un racconti, così il fantastico si manifesta cangiante quanto fluido. Ogni sequenza è ben caratterizzata, ma viene necessariamente dalla precedente e rimanda alla successiva, in un unico respiro dominato con nobile naturalezza in ogni gradazione dinamica. Altri aspetti del fenomeno: altre apparizioni, fantasie, immagini che risuonano e si rivelano in piena luce, diverse dal solito e dal previsto, ma coerenti, pensate, senz’ombra di inutile stravaganza, com’è giusto per un maestro non solo della scuola russa, espressione della grande tradizione slava legata alla fiaba e punto di riferimento per tanti fondamentali approdi novecenteschi.
Si fa musica, la musica si manifesta e il pubblico, a Parma come a Fidenza, non è abbagliato, è coinvolto: attentissimo per Ginastera come per Rimskij Korsakov, acclama De Maistre dopo la prima parte, non si raffredda dopo la seconda, richiamando Bonato e Costea più e più volte alla ribalta, tant’è che, alla fine, è l’orchestra ad alzarsi prima degli spettatori. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 24 gennaio 2022

[…] La seconda parte del concerto era dedicata a quel monumento che è Sheherazade di Nikolaj Rimskij-Korsakov e qui Bonato – complice una Filarmonica Arturo Toscanini in grande spolvero – dà ancora una volta meravigliosa prova di sé.
La scelta di dirigere senza bacchetta, “disegnando” la musica col le mani – la sinistra splendidamente espressiva e la destra a tenere salde le fila, tutto in un gesto bellissimo e comunque sempre funzionale, capace di non scadere mai nella banalizzazione di una coreografia inutile – è vincente su tutta la linea.
La sua Sheherazade è libera da qualunque retorica, depurata dall’effetto “meringa” che spesso rischia di affliggerla, resa in una narrazione serrata e in certa qual maniera cinematografica fatta di lunghi e articolati piani sequenza nitidamente lucidi e saldamente poggiati su una tavolozza cromatica iridescente, assecondato dal violino impeccabile di Mihaela Costea, “spalla” della Toscanini e ancor più fascinosa della principessa persiana della quale si fa voce.
Successo meritatissimo per tutti. […]

Alessandro Cammarano, Le Salon Musical, 20 gennaio 2022

[…] Nessun elemento, nessun tema si riaffaccia perfettamente identico nel tempo e nella dinamica, ma sempre consequenziale allo sviluppo poetico, che conosce abbandoni morbidissimi (per esempio nel secondo movimento) ma sempre sostenuti dal nerbo di un’accentazione incisiva, dal mordente di una visione onesta e sincera, che conosce nobile solennità ma non si appaga di un’affermazione positiva. Una meditazione profonda, anche dolorosa, si illumina di speranza, accarezza una leggerezza ariosa con tratti ora di tenerezza ora di tensione intersecati e alternati con sapienti sfumature: il respiro del tempo è conseguenza dell’articolazione musicale, non di uno schema metronomico. Ogni opposto è necessario e connaturato, non giustapposto, al suo contrario. Così, per esempio, nel terzo movimento la definizione di Allegro giocoso si colora di una drammaticità inattesa, autentica: uno slancio vitale compreso nella tragicità dell’esistenza. Tragicità, però, non ineluttabile, sempre mossa da una ricerca, una speranza, un pensiero. Nella sintonia palpabile fra Bonato (al debutto nella Quarta) e la sua orchestra si percepisce chiaramente come non ci si trovi in teatro perché è bello ascoltare un Brahms ben fatto, ma perché in Brahms, nella musica, nell’arte possiamo trovare l’espressione, il senso del nostro confrontarci con il mondo, soprattutto con un mondo tanto cambiato, anche nei più banali gesti quotidiani, negli ultimi due anni. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 18 gennaio 2022

[…] Il gesto stesso di Bonato, che da sempre possiede un’innata scioltezza ed eleganza, si è fatto sempre più bello ed esatto nel nitore del braccio destro, nella misura con cui il sinistro non concede nulla all’effetto, non spreca un movimento, può anche fermarsi o raccogliersi per aprirsi quando serve cantando con l’orchestra. In questo gesto ha manifestazione visiva una gestione del tempo tutta giocata sul respiro, sul colore, sulle gradazioni dinamiche che in sale come queste si possono gustare appieno. Così si gusta un Allegro con brio che non si scapicolla vertiginoso al finale, ma dipana la sua tensione crescente in un sapientissimo calibro, alieno da ogni meccanicità nel dar valore ad ogni battuta, ad ogni ripresa, ad ogni richiamo tematico. Così si era gustato un secondo movimento di rara bellezza, proprio per la pulsazione interiore, per la nobiltà del crescendo che si anima da una marcia tanto soffusa quanto ben scandita. Ma nessun movimento può fare storia a sé, ciascuno si concatena al seguente in un moto perpetuo irresistibile, quasi ipnotico nella sua ricchezza interna dipanata con tanta profonda grazia, nella sinestesia di colori e spessori, tempo, metro e ritmo, fisicità e inafferrabile dinamismo, afferrato tuttavia dal controllo con la bacchetta e dall’intesa fra podio e orchestra. Nobile semplicità, (in)quieta e intelligente grandezza, corpo e anima: per nuove generazioni di interpreti di questo livello torniamo a teatro e ricordiamo quanto sia importante servire la musica con onestà e passione. Il silenzio partecipe della sala si trasforma allora in ripetute chiamate al proscenio, a Fabriano addirittura il pubblico si alza in piedi per applaudire una serata difficile da dimenticare. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 29 novembre 2021

[…] Sotto la direzione di Alessandro Bonato abbiamo sentito oggi (e nella posizione non felicissima del primo ordine dietro la fila dei tromboni) la più ampia gamma dinamica e il miglior equilibrio sonoro dell’orchestra in platea durante questo Rof 2021. Il maestro veronese, al quale sarebbe ormai ora di affidare produzioni di primo piano, non fa solo funzionare le cose nel miglior modo possibile, ma dà anche una lettura ben definita senza perdere di vista le esigenze del canto, assicurando l’insieme senza limitarsi ad accompagnare passivo, bensì come parte attiva. Nella sinfonia di Le siège de Corinthe, in apertura, sentiamo subito lo stacco personale e coerente della Marche lugubre grecque, un’evoluzione dei temi nel crescendo che non ha nulla di meccanico, ma si sviluppa con impeccabile, continua articolazione dinamica. La base tecnica in Verdi è la medesima, consequenziale e fluida, con un preciso sguardo d’insieme, senso ritmico e cantabile, strette che non sono mai banalmente fragorose, ma sempre controllate a partire dall’incipit più sottile. Eppure si sente benissimo che Verdi non è Rossini, che il modo di scandire gli accenti, il fraseggio, lo spirito sono altri, ben distinti, anche se la radice formale è la medesima e il giovane Giuseppe non può non guardare al già mitizzato Gioachino. Sentiamo il pianissimo impalpabile ma fremente pronto a deflagrare – non prima di una ben cesellata parentesi pastorale – nella sinfonia di Giovanna d’Arco, sentiamo l’incalzare della drammaturgia tematica in quella di Nabucco, intimamente energica com’è giusto che sia. E, poi, nondimeno, il sospiro ansioso e spossato nella penombra dello studio di Philippe II o l’aggirarsi dell’ombra di Jean de Procida fra i repentini bagliori della riva palermitana, la tensione dell’uno e la serenità edenica dell’altra. Tutto un altro mondo, poi, quando l’organico si rimodella per Ibert e cambia totalmente di sonorità e dinamiche. Segue quella che potrebbe essere una prima esecuzione assoluta nei programmi del Rof: l’Intermezzo dalla Manon Lescaut di Puccini, sfrondato da ogni sentimentalismo di maniera e perciò ancor più struggente, un’altra, controllatissima, forma di crescendo in cui, fra sensualità e abbandono nostalgico, baluginano ancora giovanili speranze, fino a dissolversi nuovamente nella sospensione del pianissimo e del silenzio attonito che segue per qualche istante. Cupo e scintillante, perfettamente controllato nel ritmo, è, poi, il dittico diabolico: Mefistofele/Méphistophélès è irridente, ma conviene prenderlo sul serio. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 26 agosto 2021

[…] Senza ribadire fino alla ridondanza la qualità d’ogni movimento, basterebbe dire che sappiamo su che bacchetta puntare per i prossimi anni. Tuttavia, quando si sente tanta cura nella preparazione confluire, da analisi a sintesi, in una lettura così coerente, chiara, vitale, sarebbe davvero un torto non soffermarsi sul valore di questo Mozart. Tanto più che non manca di insidie tecniche, per tenuta e controllo, per una diversa ciclicità tematica da animare – Appalachian Spring di Aaron Copland, che completa la serata. E, nondimeno, ritroviamo una cura del suono che non è solo superficialmente bello, è sempre tornito ed esatto in rapporto al fraseggio, all’evoluzione del discorso. Troviamo quel bel senso del canto strumentale senza lezioso ammiccare, bensì con disinvolta, fresca eleganza, senza lasciar trasparire altro che l’ispirato e fiducioso richiamo alle origini, un anelito di pace e semplicità che non può, ancora, esser tale se non sostenuto dal pensiero […]

Roberta PedrottiL’Ape Musicale, 18 giugno 2021

[…] Il gesto è elegantemente essenziale, con la mano destra che tiene le fila del discorso musicale senza “coreografie” stucchevoli e la sinistra che colora il suono senza svolazzi inutili. A tutto questo si unisce una capacità straordinaria di andare all’essenza ultima della pagina, non scendendo mai a compromessi o a soluzioni facili o semplicemente d’effetto, dimostrando tutta la maturità del direttore veronese e coniugandosi con l’entusiasmo della sua giovinezza. Gli si prospetta una carriera luminosa a cui il terzo premio assoluto vinto nel 2018 alla “Malko Competition” è stato viatico luminoso […]

Alessandro CammaranoLe Salon Musical, 20 giugno 2021

[…] Sul podio – un po’ a sorpresa rispetto al cartellone annunciato, ma è una bella sorpresa – arriva Alessandro Bonato, vale a dire uno di quei direttori sui quali oggi scommetteremmo a occhi chiusi, perché dopo le esperienze dal vivo (quante finora l’età – sua – e la situazione – globale – hanno reso possibile) ha continuato a confermare nei concerti in streaming di avere sempre quel qualcosa in più d’artista che desta l’attenzione anche nel distratto scorrere di una playlist al computer […]

Roberta PedrottiL’Ape Musicale, 05 maggio 2021

[…] La “fusione di corpo e mente” di cui ancora Wagner scrisse potrebbe dirottare la visione verso un dionisiaco a buon mercato, ma non è questo di cui abbiamo bisogno ora. Ora la Settima che ascoltiamo da Pesaro con Bonato non è nemmeno leggiadra, non è nemmeno gioiosa. Eppure è positiva, perché quella tensione che la pervade è concreta, liberatoria. Tutta la sinfonia è mossa da una dinamica interna che anima con una tensione continua le variazioni agogiche, per cui la distensione del secondo movimento – al pari dell’addolcirsi luminoso ravvisabile nel terzo – è come una rincorsa, un accumulo di energia sempre pulsante verso un moto perpetuo creativo. Insomma, non si tratta di velocità, di tempi fini a sé stessi, ma di un senso di continuo crescendo verso un’akmé che non perde il controllo, che non offusca il pensiero. La presenza perentoria e vitale delle percussioni, l’incalzare della definizione metrica e ritmica non travolge sé stessa, gli accenti netti e asciutti possono essere nervosi ma non nevrotici. Il pensiero c’è, non può non esserci, ma si fa corpo nel suono e la sua forma si evolve senza requie. Ed è proprio del corpo e del suono, del loro moto che dopo un anno di distanziamenti sentiamo il bisogno: Beethoven risponde, con l’appagante spossatezza che chiude il parossismo, composto, dell’allegro con brio. […]

Roberta PedrottiL’Ape Musicale, 28 marzo 2021

[…] Alessandro Milani e Luca Ranieri primo violino e prima viola dell’orchestra Rai come tappa corrente di curricula di tutto rispetto, fanno della consuetudine sullo stesso palco il valore aggiunto di un comune sentire nella gestione del suono e del fraseggio. Nella Sinfonia concertante per violino, viola e orchestra K 364, è un piacere sentirli duettare, incalzare, dialogare, unirsi nei passi più cantabili dell’Andante o colorire di sofisticate gradazioni dinamiche gli scambi e le eco più brillanti dell’Allegro maestoso e del Presto. L’intonazione netta è espressione di una cura dell’emissione inscindibile da un porgere intelligente, sul filo dell’affetto che si fa pathos senza perdere nobiltà. La sintonia con la concertazione di Alessandro Bonato è appagante. Lo si sente – per quanto possibile dallo streaming – nella scioltezza con cui dinamica e agogica si sviluppano, lo si sente nell’unità di intenti. […]

Roberta PedrottiL’Ape Musicale, 14 febbraio 2021

[…] Si sente subito nel suono ben calibrato di legni e ottoni, come si sente l’attenzione alle arcate, che subito trasmettono, in Schubert come in Brahms, chiarezza di idee e di visione complessiva. (…) Il controllo del suono è difatti controllo delle dinamiche, concezione di fraseggio, espressione del significato della forma. Si delinea così con una leggerezza energica e incisiva il moto interno che contraddistingue l’ouverture schubertiana, agile quando decisa nel suo sviluppo netto e ben controllato. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 01 febbraio 2021

[…] Alessandro Bonato, 25 anni, nuovo direttore principale della Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana, è il più giovane direttore tra le 13 Istituzioni Concertistico Orchestrali Italiane (Ico) riconosciute dal ministero per i Beni culturali… L’anno prossimo lo attende un importante debutto sinfonico in Giappone con la Tokyo Symphony Orchestra. Solida la sua preparazione culturale e musicale, così come l’efficacia e l’autorevolezza della tecnica direttoriale (…)
Quella fatta dalla Fondazione è una scelta legata a un progetto culturale…L’incarico, biennale a partire dal 2021, prevede la presenza del direttore in almeno tre produzioni per ciascuna stagione, oltre ad un impegno in attività di comunicazione e promozione soprattutto presso le nuove generazioni, aspetto a cui Bonato pone particolare attenzione. […]

Sky Tg24, 03 gennaio 2021

[…] La Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana ha scelto il suo nuovo direttore principale (…) Una scelta legata a un progetto culturale di prospettiva e di qualità (…) Una scelta coraggiosa che siamo in grado di portare a termine dopo un lungo ed efficace lavoro sul consolidamento dell’orchestra […]

Cronache maceratesi, 18 dicembre 2020

[…] Ha appena 25 anni Alessandro Bonato il nuovo direttore principale della Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana. E’ il più giovane direttore italiano di un’ Istituzione Concertistico Orchestrale. […]

Ansa Marche, 18 dicembre 2020

[…] Il venticinquenne veronese aveva già acceso l’attenzione con il suo debutto pesarese, più defilato nell’ambito del cartellone 2019: ora sfodera con nonchalance, in piena evidenza, la tecnica e la sensibilità per dominare il crescendo rossiniano come non sempre sanno fare direttori con il doppio dei suoi anni, la tecnica e la sensibilità per giostrare i rapporti dinamici fra i temi, il loro ricorrere, svilupparsi, rimbalzare di sezione in sezione, di strumento in strumento. […]

Roberta Pedrotti, L’Ape Musicale, 13 agosto 2020

[…] Cimarosa, il trionfo della leggerezza (…) Bonato coglie il sorridente spirito di libertà sentimentale che attraversa Il matrimonio segreto grazie all’eleganza del fraseggio, all’attenzione per i piccoli tesori strumentali che attraversano la partitura (sugli scudi i fiati dell’orchestra areniana), alla mobile incisività dei tempi e delle dinamiche […]

Cesare Galla, www.cesaregalla.it, 27 ottobre 2019

[…] Dagli eventi “extra Rof”, ora Bonato debutta nel festival vero e proprio: chiamato a guidare l’Orchestra Sinfonica G. Rossini per il concerto di Anna Goryachova e Simone Alberghini sa già attirare l’attenzione, confermando la fama che lo precede nella sua rapida ascesa. Piace il piglio deciso, il vigore che imprime alle sinfonie di Norma e della Gazza ladra, baldanzose, anche drammatiche ma mai violente, sempre controllate, con interessanti spunti dinamici. L’orchestra, specie nei fiati, non sarà perfetta, ma trasmette la piacevole sensazione di una bella sintonia con un maestro dalle idee chiare […]

Roberta Pedrotti, L’Ape musicale, 26 agosto 2019

[…] Finisce in gloria la stagione del Filarmonico (…) Preciso e in stile storicamente consapevole l’apporto del direttore Alessandro Bonato, alle prese con una partitura certo semplice, ma letta con bella disinvoltura […]

Mario Tedeschi Turco, Verona Fedele, 26 maggio 2019

[…] Nel pieno successo dell’ultima parte del Trittico pucciniano gioca un ruolo importante il giovane direttore Alessandro Bonato, che conduce i professori areniani con mano sicura, puntando su dinamiche vivaci e colori forti. […]

Irina Sorokina, L’Ape musicale, 31 maggio 2019

[…] Il merito è anche della bacchetta impugnata dal giovane direttore veronese Alessandro Bonato: nella sua concertazione c’è destrezza di gesto, piena capacità di reggere il gioco corale delle voci, consapevole approfondimento e buona profondità di campo. Risultato, nel dipanarsi della partitura pucciniana emerge una narrazione vivida e briosa. Nella pagina di Cimarosa stava in scena con i suoi strumentisti, parrucca incipriata e livrea bianca, a frenare le intemperanze del borioso musicastro […]

Gilberto Mion, www.teatro.it, 30 maggio 2019

[…] Se su Verona infuria la pioggia, dentro il Filarmonico splende il sole (…) Uno spettacolo che si avvale di un unico, brillante direttore, il veronese Alessandro Bonato, a proprio agio tanto con le raffinatezze armoniche del secolo dei lumi quanto con la volubilità e intrigante energia pucciniana […]

Angela Bosetto, L’Arena, 20 maggio 2019

[…] Dirigeva e debuttava al Filarmonico, nella sua città natale, il ventiquattrenne Alessandro Bonato, che è più di una promessa del podio, visto che si è disimpegnato come un veterano, facendo suonare assai bene l’orchestra areniana e facendosi apprezzare per la brillantezza capace di venature liriche, per l’eleganza e per la chiarezza del fraseggio, che hanno chiarito quanta sofisticata sapienza Puccini sfoggi in questa partitura […]

Cesare Galla, Le Salon Musical, 19 maggio 2019

[…] il giovane direttore Alessandro Bonato (classe 1995!) ha mostrato una sicurezza notevole. Supportato da solida tecnica, presenza autorevole e belle idee musicali, Bonato ha diretto Mendelsohn chiedendo e ottenendo dall’Orchestra della Rai suono vigoroso e massima precisione nella scansione ritmica e nella tenuta del tempo, con l’unica eccezione di un rallentamento sui quattro accordi in fortissimo, nel Saltarello, prima della stretta finale. Particolarmente riusciti sono stati i movimenti centrali: con l’Andante con moto, condotto con gesti eleganti ed espressivi della mano sinistra, e il Con moto moderato (spesso infido per i direttori) guidato con fluidità e senza smancerie. La ricerca di un suono corposo ha caratterizzato anche la lettura delle ouvertures rossiniane: ne è risultato un Rossini sanguigno e godereccio, evidente sin dai pizzicati iniziali dell’Italiana in Algeri, suonati senza la minima sbavatura d’insieme, ma rinunciando al pianissimo richiesto dall’autore. Nota di merito l’aver utilizzato la «banda turca» indicata in partitura, anziché le percussioni più convenzionali. […]

Stefano Bazzi, Corriere del Ticino, 22 settembre 2018

[…] La bacchetta veronese, 23 anni, da parte sua, si è fatta subito apprezzare per il nitore messo a punto degli archi, ricco di tenerezza, sia in Holst (Suite n. 2 St. Paul’s) che in Barber.Bonato è chiaro e preciso. Comunica bene le sue intenzioni, e ha una bella dose di mestiere già nel dna. Nelle pagine del celebre compositore inglese lavora bene sui piani di intensità, creando un gioco di prospettive di piani sonori efficace e ben riuscito, con accuratezza e delicatezza. Anche nel celeberrimo «Adagio» di Barber, il velo malinconico, dolente è tornito con accortezza, con spiccata omogeneità nel fraseggiare. […]

Bernardino Zappa, Eco di Bergamo, 12 maggio 2018

[…] Alla testa della Filarmonica del Festival, già con la cruciale Ouverture «Egmont», Bonato ha dimostrato di possedere una spiccata sensibilità per il respiro delle frasi musicali e, in particolare, per il valore drammatico e strutturale delle pause. […]

Marco Bizzarini, Il giornale di Brescia, 28 maggio 2017
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